“Se hai bisogno di qualsiasi cosa, cercami pure, sono quasi sempre qui intorno”. Mentre mi dice queste parole, Giulia infila le bacchette della batteria nella tasca posteriore dei jeans, e mi dà la mano fresca, che stringo. E’ il marzo del 1998, sono all’inizio del servizio civile all’Oratorio Murialdo, uno dei posti del mio cuore. Ed è la prima volta che incontro e parlo con Giulia. Subito dopo arriva Rita, che avevo già conosciuto, mi spiega che quella è sua figlia, e che è la sorella di Alessio e Lorenzo, che vedo sempre perché sono parte dell’arredamento in oratorio. Quelle bacchette nella tasca dei jeans, per me che ho la musica sempre addosso, che canticchio mentalmente dalla mattina alla sera, sono un segno chiarissimo di una passione condivisa. Da quel momento spero di diventare amico di Giulia, prima o poi. Canticchio mentalmente “Hold on” di Tom Waits. Per qualche mese la rivedo poco, poi, quando organizzo il torneo di ping-pong, mi dice che è contenta della passione che ci sto mettendo con i ragazzi. Sono parole che apprezzo molto, perché mi sto ambientando davvero. Alla fine comincio a darmi da fare con i gruppi giovanili, e capita più spesso di incontrarsi. Per le uscite, per le riunioni tra animatori, per le serate in compagnia. Una volta viene a cena a casa mia, a Montecatini, insieme ad un gruppo di altri amici della parrocchia. Le registro una delle centinaia di cassette della mia vita, con le canzoni di Syd Barrett e Nick Drake, se non ricordo male. Mi dice: “Bella, ma un po’ alternativa!”. Canticchio mentalmente “Love Song” di Syd Barrett. Ricordo che una volta parliamo di Bryan Adams, che a lei piace e a me per niente, sorridiamo. Per mesi penso di farmi costruire da lei un porta cd di legno, poi, quando mi rendo conto che per metterci i miei cd servirebbe un torrione di sei metri, lascio perdere. Alle uscite mi fa impazzire quando tutti stiamo facendo colazione da mezz’ora e Giulia arriva appena scesa dal letto, con un sonno da orsa in letargo, e mi diverto a vedere come i ragazzi le vadano subito intorno, quanto le vogliano bene. Canticchio mentalmente “Dream a little dream of me” di Louis Armstrong. Una sera vado a sentirla suonare dal vivo, in duo, in un posto chiamato Buckeroo, che oggi è diventato un ristorante. E’ veramente brava, spontanea, si vede che sente dentro quello che canta e suona. Scopro che abbiamo qualche amico in comune anche al di fuori dell’oratorio, spero ancora che presto ci conosceremo meglio, e diventeremo amici.
Un giorno, mentre sto camminando verso casa dopo aver comprato un disco di Bob Dylan, dalla redazione del giornale con cui collaboro mi arriva una telefonata bruttissima. Penso immediatamente a Lorenzo, Alessio e Rita, penso che per un po’ io e Giulia non avremo modo di diventare amici.
Sono passati dieci anni, a lei ho ripensato molte volte. Ne ho parlato con le persone che l’amavano, ho condiviso momenti in cui l’abbiamo ricordata, in tanti hanno composto un mosaico che me la fa capire sempre un po’ di più. Ho partecipato marginalmente all’organizzazione del concerto che ci sarà fra qualche giorno, e, riflettendoci, forse ora siamo diventati amici.
Canticchio mentalmente “Julia” dei Beatles.
Lorenzo Mei
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